I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa hanno scelto di inserire Lucito nella rete internazionale de 'Borghi d'Europa e la collaborazione informativa con il Parlamento Europeo'.
“Lucito è posto in una valle popolata di uliveti che va digradando verso le sponde del fiume Biferno. La parte settentrionale è coronata da colline, rivestite sulla cima di querceti e ai fianchi di alberi da frutto. Il paese si trova a 460 metri sopra il livello del mare, con clima temperato e costante. Il territorio è bagnato dal fiume Biferno, mentre i colli prendono diverse denominazioni: Serramorice, Casino, Li Monti, Colle Pagliariello, Colle delle Streghe, Ferrara, S. Angelo Altissimo.
Sembra che l’etimologia di Lucito derivi da “lucus”, bosco consacrato alla divinità, ovvero da saliceto, volgarmente “sauceto”, da cui potette derivare Luceto. Anticamente lo stemma di Lucito era costituito da un braccio con in mano un ramo di quercia sormontato da una stella. Attualmente lo stemma è composto da una “L” con tre stelle in campo azzurro, circondato da un ramo di quercia ed uno di ulivo, alberi caratteristici del territorio. La nascita del borgo deve essere fatta risalire all’ epoca della dominazione longobarda, quando pastori e agricoltori, per sfuggire alle invasioni, si rifugiavano nelle caverne scavate nel tufo della collina denominata “Colle a grotte”, su cui poi è sorto Lucito. Al borgo storico, che si sviluppa lungo il pendio della collina, si accedeva tramite la “Porta Maggiore”, adiacente al palazzo marche sale. Le case alte e serrate dei lati fungevano da bastioni. L’assetto urbano era stato progettato secondo criteri di fortificazione, considerando le frequenti invasioni e saccheggi a cui questi territori erano soggetti. Le prime notizie dei feudatari di Lucito si hanno nel 1188, quando Gionata di Balbano, signore del feudo, partecipò con gli altri paesani alla prima crociata in Terra Santa per la liberazione del Santo Sepolcro. Alla fine del 1200 il feudo passò dai signori Caracciolo alla famiglia di Sangro. Nel 1560 Vittoria e Lucrezia di Sangro, entrambe monache, donarono il feudo alla madre Adriana Tomacello, che sposò Alfonso Piscicelli. Nel 1655, i creditori di Piscicelli ottennero la vendita all’asta dei suoi feudi, decretando così la separazione di Castelbottaccio e Lucito (acquistato quest’ultimo dal marchese Francesco Capecelatro). Molto interessante, da vedere, è il Palazzo Capecelatro, un edificio dalle origini molto antiche, risalenti al medioevo, quando le funzioni erano prevalentemente militari. Con la sua notevole mole domina sia il borgo che la vallata sottostante. Al Palazzo ed al borgo si accede a Nord attraverso la “Porta Maggiore”, costituita da un arco a sesto acuto, posta sotto il Palazzo stesso, e dalla “Porta a Piedi”, posta a Sud. Il palazzo, cui si accede attraverso un ampio portale, è costituito da due piani inferiori oltre al piano nobile. Molte opere di ammodernamento lo hanno privato si elementi di arredo fisso e di finiture di sicuro interesse, pur restando in opera tutto l’apparato originario delle strutture orizzontali sia voltaree che lignee, nonché i portali in pietra, le mensole di finestre e balconi ed altri elementi significativi come le cornici in pietra lavorata, le iscrizioni, gli stemmi.
Da visitare c’è anche il Palazzo De Rubertis, la cui costruzione è collocabile nella prima metà del XVII secolo, uno dei primi edifici di una certa importanza ad essere stato costruito fuori dalla cinta muraria seicentesca del centro abitato di Lucito e, quindi, ad essere stato sottratto alla protezione del Castello Marchesale. L’elemento più interessante è la facciata principale d’austera ed elegantissima fattura, eseguita da maestri scalpellini napoletani su progetto di un noto architetto (Vanvitelli). La facciata si compone di un triplice ordine: Dorico, Ionico e Corinzio, scanditi da lesene semplici e da accoppiate e segnate da trabeazioni. Il Palazzo De Rubertis è una tipica residenza urbana di una famiglia borghese del ‘700, costituendo un esempio ed una testimonianza di un preciso periodo storico.
Per quanto riguarda l’architettura del Palazzo de Rubertis-Perrotti ancora oggi corrisponde abbastanza fedelmente al progetto di ampliamento voluto da Michele de Rubertis, che tra il 1790 ed il 1810 ne effettuò la ristrutturazione. In quella occasione, alla corte aperta (risalente al 1600), che attualmente costituisce l’androne interno di ingresso, venne incorporato il preesistente edificio tale da realizzare un palazzo di struttura murattiana. Infatti anche l’affacciata sulla gradinata che conduce alla piazza che attualmente si presenta in pietra a vista, in origine era interamente intonacata in rosa con fregi alle ornie e al cornicione in bianco secondo la moda dei primi dell’800. Il giardino posteriore venne creato verso il 1810 su disegni del botanico napoletano Mario Tenore, ideatore del “Real Giardino delle Piante”, l’attuale Orto Botanico di Napoli, amico di Giuseppe de Rubertis, figlio di Michele.
Tra i monumenti particolarmente importanti si segnala: la Cappella di S. Gennaro, che venne fondata nel 1731 dal Marchese Francesco Capecelatro. Il piccolo tempio, dedicato a S. Antonio Abate, protettore della famiglia Capecelatro, era congiunto al Palazzo Marchesale, da cui si accedeva con una scala a chiocciola attraverso un piccolo campanile. Nel 1767, l’Università di Lucito autorizzò i lavori di ampliamento, concernenti la realizzazione di una volta a pietra su una strada posta ad oriente, a condizione che nel tempio venisse celebrata una messa quotidiana e si desse pubblico accesso a tutti i cittadini. Il secondo ampliamento risale al 1777, quando fu realizzata la parte lungo i lati posti a Nord (Piazza pubblica). Nel 1805, a causa di un terremoto, crollò il locale ad uso sagrestia. Venne così acquistato il suolo posto a Sud e con quest’ultimo ampliamento la Chiesa assunse quella che è poi venuta la forma definitiva. Quando nel 1808 i Capecelatro cessarono di reggere Lucito, poiché sotto Gioacchino Murat fu abolita la feudalità, la Chiesa passò con tutti i suoi beni alla Diocesi. Fu sconsacrata nei primi anni del Secolo e non si conoscono i motivi. L’abbandono e l’incuria portarono l’edificio ad una soglia quasi di irreversibilità. Il sisma del 1980 contribuì ad apportare ulteriori dissesti. Crollò una delle volte dell’edificio, con la perdita di una interessante testimonianza di struttura voltata leggera settecentesca. A seguito di questo avvenimento venne realizzato un intervento di sistemazione strutturale dell’edificio e di restauro delle facciate esterne. I lavori di completamento sono stati ultimati il 31 ottobre del 2001. Attualmente l’ex cappella è adibita a sala convegni e teatro; la Chiesa dell’Immacolata Concezione, chiamata comunemente “Cappella del ponte”, che fu edificata alla fine dell’Ottocento conserva un bell’altare, un tabernacolo sovrastato da una lapide raffigurante un ostensorio ed un ambone in pietra locale, proveniente dall’ex Chiesa del Convento dei Padri Mannarini. Nella Cappella sono conservati l’antico organo a canne positivo ed un confessionale in legno intarsiato dell’inizio secolo Novecento. La Cappella, inoltre, è pregiata di un grande Crocifisso e di varie statue, tra cui quella dell’Immacolata Concezione; la Chiesa di S. Rocco esisteva già nel secolo XVI ed era sede della Congrega del Purgatorio. È posta nella coda del paese, vicino alla scarpata della Chiesa Madre, subito fuori le antiche mura. Al suo interno si possono ammirare: un bell’altare in pietra locale, stucchi di notevole fattura, antichi lampadari e la statua di San Rocco (1700), nella sua nicchia sopra l’altare, scolpita dallo scultore campobassano Di Zinno, autore anche della statua di S. Nicola; la Cappella di S. Nicola sorge in aperta campagna, a circa cinque chilometri dal centro abitato, presso S. Angelo Altissimo, a 850 metri sul livello del mare. È stata eretta intorno al 1867 per le solerti cure del buon sacerdote don Nicola di Carlo, che ottenne l’autorizzazione dal Prefetto della Provincia per la riedificazione della Cappella nel luogo detto “Aia di S. Nicola”, “dove la popolazione di Lucito, memore dei benefici che per l’intercessione del Protettore S. Nicola di Bari giornalmente ottiene, va in ogni occorrenza a sporgere lagrime per ottenere grazie”. In questa Cappella ci si reca l’undici di maggio per prendere le statue di S. Nicola di Bari e S. Agnese e portarle in paese e la terza domenica di giugno, quando la popolazione, ricondotte in processione le statue in montagna, vi celebra la festa.
Da vedere anche il tratturo Celano-Foggia, Porta da Piedi, Porta Maggiore, i ruderi dell'Eremo di S. Angelo Altissimo. “
da Visit Molise
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