mercoledì 7 dicembre 2022

La Montagna dell'informazione - Sondrio, la città del buon vivere

 


 

                      


Lago Palù (Valmalenco - Sondrio)

Incastonata nel cuore delle Alpi, al centro della Valtellina, Sondrio è una deliziosa cittadina, famosa per la qualità della vita. E’ splendida, sia per il panorama alpino, sia per il centro, perfettamente conservato con i suoi fabbricati antichi.

In particolare percorrendo il quartiere di Scarpatetti, con le sue case medievali in pietraviva con i ballatoi in legno, si ha l’impressione di vivere in un altro tempo.

Quartiere Scarpatetti (Sondrio)

Ma anche uscendo dalla città si incontrano veri monumenti all’industriosità dei Sondriesi: i terrazzamenti su cui, grazie ad un lavoro che è stato giustamente definito “agricoltura eroica”, nascono meli e soprattutto le uve da cui deriveranno i deliziosi vini, orgoglio del territorio: Sforzato, Valtellina Superiore e Rosso di Valtellina.

Ma non distraiamoci e continuiamo la visita alla città. Il centro storico offre una perfetta armonia tra palazzi storici, suggestivi scorci e botteghe ricche di prodotti tipici. In particolare ammiriamo “Via dei Palazzi”, sul percorso dell’antica Valeriana. Qui è un susseguirsi di antiche case nobiliari con portali barocchi, balconcini in ferro battuto ed androni a volta. Proseguendo fino a giungere a Piazza Quadrivio si incontrano Casa Carbonera (attuale oratorio dell’Angelo Custode), elegante costruzione del XVI secolo che custodisce una splendida scala elicoidale settecentesca.

Qui c’era anche una delle più belle “stue”, risalente al XVI secolo, in legno di cirmolo, ora nella vicina Villa Quadrio.

La stüa rappresentava il cuore della casa tradizionale, tanto di quella povera come di quella nobiliare; era una stanza in cui troneggiava una stufa, generalmente in maiolica
interamente rivestita in legno.


                                                               

                                                                Paolo Sala



Mentre ammiro tutte queste bellezze, incorniciate da panorami splendidi è giunta l’ora di pranzo: mi guardo intorno e vedo un’insegna attraente:”Il Saraceno”.

Capisco subito che allude al Grano Saraceno, protagonista assoluto della gastronomia valtellinese e mi precipito dentro. In effetti ci sono molte confezioni di questo prodotto, ma, accanto ad esse, moltissime offerte di miele, dolci, frutti di bosco, nonché una rassegna della produzione casearia del territorio, in cui naturalmente Bitto e Casera sono protagonisti. Ovviamente non poteva mancare anche una ricca mostra di vini accuratamente selezionati, tra cui Sforzato e Valtellina Superiore (in tutte 5 le sue sottozone) facevano ottima figura ed invitavano all’assaggio.

Mentre ero intento a questa difficile scelta mi ha avvicinato un Signore, che poi ho scoperto trattarsi di Paolo Sala, (titolare del Saraceno, oltre che dell’Azienda Sala Cereali), che si è gentilmente offerto di farmi conoscere la Valtellina ed i suoi tesori enogastronomici.

Non potevo ignorare un’offerta così invitante!

Così è iniziato un excursus…molto gustoso, di cui vi parlerò nei prossimi articoli, dopo un adeguata sosta digestiva. Prosit!

                                          Gianluigi Pagano



venerdì 2 settembre 2022

Le Via della Pizza a Vittorio Veneto, Borgo del Gusto : la Pizzeria San Remo

 



I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa in occasione delle giornate di informazione di

Vittorio Veneto,Borgo del Gusto hanno deciso di rinnovare lo speciale itinerario che cinque anni orsono aveva portato all'inserimento della Città nei Percorsi Internazionali.


Così, in incognito, è stata visitata la nuova gestione della Pizzeria San Remo, in via Giulio Pastore 70.

Una lieta sorpresa, per davvero.

Fabio ha saputo dare una impronta eccellente al proprio lavoro : solo prodotti di alto profilo qualitativo, al 100% italiani

“ Realizzo impasti con farine di soia a lunga maturazione, leggeri e altamente digeribili. Abbiamo anche Prodotti GLUTIN FREE “


“La farina di soia è ricavata dalla lavorazione della pianta della soia. Questo prodotto non contiene glutine quindi è adatto per chi segue una dieta particolare come i celiaci. Davvero ottima per tutti quelli che seguono una dieta vegetariana, ricchissima di proteine, ottima per produrre pane, pizza e focacce miscelata in piccole percentuali alla farina di frumento.E’ ottenuta dalla macinazione dei semi della soia, appartiene alla famiglia delle “leguminose”, proviene dalla Cina dove già 5000 anni fà veniva coltivata per l’alimentazione umana. La soia insieme al riso, orzo, miglio e frumento è un vegetale prezioso e indispensabile.

Nei giorni odierni ne esistono diverse varietà, tra le più comuni c’è quella rossa, gialla e verde, utilizzate sia per l’alimentazione degli uomini sia come mangime per gli animali.Rispetto alle comuni farine di legumi, la farina di soia contiene amidi in quantità minori, questo la rende molto più digeribile.Tutte le persone che soffrono di diabete conoscono molto bene i benefici di questa pianta, pensate che il suo indice glicemico è pari a 25, mentre quello della farina di frumento arriva a 85. Ricchissima di proteine, presenta una composizione in amminoacidi essenziali completa rispetto agli altri legumi. “


Già la maturazione : quel passaggio fondamentale la cui errata interpretazione spinge,poi, all'uso

esagerato di acqua minerale nella fase di digestione delle pizze.


Poi vi sono gli ingredienti e i 'commenti', scelti con l'unico occhio possibile : la loro qualità.

“ Negli ultimi tempi- osserva Renzo Lupatin. Giornalista e presidente di Borghi d'Europa-, ci accade sempre più spesso di dover rinunciare a recensioni benevole. La pizza è un prodotto del made in Italy a tavola che non va maltrattato da pretesi acrobati o campioni del mondoi fasulli”.


“Un'ampia scelta di pizze per tutti i gusti, buona birra regionale alla spina e camerieri molto cordiali. “, recita una recensione che condividiamo appieno.


I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa hanno così inserito la Pizzeria San Remo nella

Via della Pizza, il Percorso Internazionale che propone un circuito capace di organizzare e promuovere itinerari d’informazione per mettere a confronto idee, progetti, capaci di seguire il filo logico della valorizzazione rispettosa degli equilibri sociali culturali e ambientali dei territori di riferimento.

Sono previsti incontri e stages di informazione nei territori , per raccontare a giornalisti e comunicatori le storie dei borghi e delle loro culture.

Ogni ‘tappa’ tocca i luoghi, le storie, i protagonisti della filiera agroalimentare.


domenica 21 agosto 2022

Eurovinum - Erminio Campa, il viticoltore " una certezza dell'enologia pugliese"


Borghi d'Europa sviluppa all'interno del progetto L'Europa delle scienze e della cultura (Patrocinio IAI-Iniziativa adriatico ionica,Forum intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico ionica ),il Percorso Internazionale Eurovinum,Il Paesaggio della Vite e del Vino.


I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa avevano partecipato nel dicembre del 2021 a 'Milano incontra il Primitivo di Manduria', wine tasting organizzato dal Gambero Rosso eConsorzio di Tutela Primivio di Manduria DOP e DOCG, presso l'Osteria del Treno.


In quella occasione alcune aziende avevano colpito l'attenzione dei giornalisti, che hanno così deciso di proporne l'inserimento nel Percorso Internazionale.




ERMINIO CAMPA


"Da oltre tre generazioni, proseguendo la saggia esperienza tramandata da Nonno Francesco e da Papà Angelo, la nostra azienda produce uve provenienti dai vigneti autoctoni di proprietà nel cuore del Salento. L’azienda è insediata nella provincia di Taranto, nel comune di Torricella, zona tipica del Primitivo di Manduria, a circa 3 km dal mar Jonio, in contrada "Li Cameli" e "Li Janni", da cui prendono il nome i nostri migliori vini.


L’azienda ha una superficie complessiva vitata di circa 20 ettari, e produce esclusivamente Primitivo di Manduria. Le vigne, prevalentemente coltivate ad “alberello pugliese”, crescono su terreni medio argillosi e su terreni di "terra rossa", beneficiano del sole e clima mite e ventilato; tali elementi, da soli, già favoriscono la produzione di uve di primissima qualità e di importanti gradazioni.


Oltre alla terra ed al clima, insieme ai miei fratelli Francesco e Valentino, ci occupiamo personalmente della coltivazione dei vigneti che viene eseguita con tecniche moderne, ma con la massima attenzione agli equilibri ecologici e biologici, e con grandissimo rispetto per l’ambiente e per le piante.


Il lavoro in vigna è meticoloso: dopo la accurata fase della potatura, in tempo utile, si procede ad un diradamento dei grappoli ed alla loro esposizione a sole per avere una selezionata produzione massima 50-60 quintali per ettaro.


La raccolta viene fatta a mano, con attenzione e delicatezza, e con una ulteriore meticolosa selezione dei grappoli migliori.


La fermentazione, vinificazione e la maturazione avvengono in serbatoi di acciaio inox, a temperatura termo controllata, l'affinamento avviene in bottiglia per almeno sei mesi. "


Erminio Campa


I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa hanno degustato il Prmitivo di Manduria Li Cameli

(selezionato anche dalla Santa Sede per Papa Francesco),100% Primitivo, su terra rossa, allevamento Alberello Pugliese, una resa d'uva di 30/40 q.li per ettaro, con fermentazione con macerazione termo controllata e affinamento in Acciaio inox.

Si capisce perchè Erminio Campa, viticoltore dal 1943, sia considerato una certezza dell'enologia pugliese.


venerdì 24 giugno 2022

Borghi d'Europa a Roma ad Abitudini e Follie : i salumi equini di Giovanni Coppiello nella pinsa romana

 

 



Borghi d'Europa ha organizzato la presentazione dei programmi 2023 del progetto L'Europa delle scienze e della cultura (Patrocinio IAI-Iniziativa Adriatico Jonica,Forum Intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico jonica), a Roma, presso il ristorante pinseria Abitudini e Follie.


In pieno quartiere universitario, zona Piazza Bologna/Policlinico, è nato Abitudini & Follie, un locale moderno, poliedrico ed accogliente, dove mangiare e bere bene in ogni momento della giornata.

Il ristorante si trova in zona Piazza Bologna/Policlinico, ed è un locale moderno, poliedrico ed accogliente, dove mangiare e bere bene in ogni momento della giornata.

“Siamo un tipico locale storico che io e Gianluca abbiamo aggiornato in chiave moderna, mantenendo però la cucina tipica romana – ci dice Francesca, una dei due titolari -, facendone un originale coffee bar, un locale piacevole per pause dessert con un accogliente open pace per un aperitivo o una degustazione di vini. Nel locale un piatto di cui non possiamo non parlare e la “cacio e pepe” rivisitata con gamberi rosa e lime,, ma è molto popolare anche la Pinsa con un impasto di 3 farine: soia frumentò e riso, ed una lievitazione di più di 48 ore, farcita anche qui con piatti tipici romani. Abbiamo poi una proposta di Street Food chiamata “Saccoccia romana.”


In questo contesto si tiene la conferenza stampa , che prevede, fra gli altri temi, anche la degustazione dei salumi equini di Giovanni Coppiello ( gli sfilacci e la bresaola) in uno dei piatti 'storici ' della Capitale : la pinsa romana.




L’azienda Coppiello Giovanni ha una lunga storia fatta di passione e ragione. Passione per il proprio lavoro. Passione per selezionare i tagli migliori di carne equina scegliendo personalmente quelli di prima scelta di puledro o di cavallo adulto.


“La nostra Bresaola- oserva Barbara Coppiello-, è prodotta con carne equina magra di prima scelta e lavorata con tutta l’attenzione e la sapienza di chi sa unire tradizione e nuove tecnologie di produzione. Tagli selezionati di cavallo che dopo la lavorazione sostano per circa un mese nelle efficienti stagionature dell’azienda. È così che viene assicurata una carne che merita il titolo di “eccellente” e solo dopo aver “dormito” per un mese le bresaole diventano un piacere per il palato.”


Gli sfilacci di carne di cavallo rappresentano “la punta di diamante” della produzione di Giovanni Coppiello. Con arte e passione ha saputo unire un’antica ricetta del proprio paese con la conoscenza delle nuove tecnologie di preparazione. Per far scoprire così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, o intingolo per condire paste bucate, oppure un prelibato secondo.


https://www.coppiello.it/avete-mai-assaggiato-la-bresaola-equina



LA PINSA ROMANA

Un alimento moderno, dalle radici antiche

Si tratta di una preparazione diventata famosa da poco tempo, ma che vanta origini antichissime. Risale niente meno che alle “mense” degli antichi romani, di cui parla Virgilio, dicendo che Enea, appena arrivato nel Lazio, fu costretto dalla fame a cibarsi delle mense.

Queste erano dischi di pasta di pane non (o pochissimo) lievitato, che servivano, come piatto ai soldati al campo o anche, nel periodo imperiale, come vassoi per mangiare, distesi sul triclinio, particolarmente i cibi sugosi. Questi “piatti” venivano poi dati da mangiare agli schiavi.

Col passare del tempo, queste mense vennero usate anche come “street food” per mangiare quando si era fuori casa e divennero sempre più lievitate e quindi adatte ad essere degustate, assieme ai cibi che vi si poneva sopra.

Ancor oggi si riscontrano precise eredità gastronomiche a questi usi, non solo nella Pizza Napoletana e nella Pisa Romana, ma anche nelle Piadine Romagnole e le Tigelle in uso fra Modena e Bologna ed in tanti cibi tradizionali di quasi tutte le regioni d’Italia.

Le caratteristiche che distinguono la Pinsa Romana dalla Pizza Napoletana, sono innanzi tutto le dimensioni più ridotte e la forma ad elisse della prima, che predilige l’uso di nuove farine e cereali, come il kamut, ma anche orzo, farro e miglio soia e riso, e l'aggiunta di erbe aromatiche selvatiche.

La Pinsa prevede un apporto maggiore di acqua, e una percentuale più bassa di lievito, risultando così più digeribile e meno calorica, grazie anche alle lunghe lievitazioni (minimo 24 ore), all’alta idratazione dell'impasto (80% di acqua), al mix di farine, alla presenza di lievito madre, all'assenza di grasso animale ed all'impiego di una quantità limitata di olio. La morbidezza dell'interno della pinsa è frutto soprattutto della farina di riso, a cui spetta il compito di "fissare" l'acqua versata nell'impasto durante la cottura.

Un cibo dunque dalle caratteristiche assai interessanti, che merita di essere degustato, assieme agli alimenti che la nostra fantasia ci suggerirà di porci sopra. 




Gianluigi Pagano

venerdì 10 giugno 2022

LA PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA 2022/23 DI BORGHI D’EUROPA AL RISTORANTE ABITUDINI E FOLLIE DI ROMA

 


Borghi d’Europa organizza la presentazione dei programmi 2022/23 del progetto “L’Europa delle scienze e della cultura” patrocinato da IAI-Iniziativa Adriatico Jonica – Forum Intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico jonica, a Roma, presso il ristorante e pinseria “Abitudini e Follie”.

Il ristorante si trova in zona Piazza Bologna/Policlinico, ed è un locale moderno, poliedrico ed accogliente, dove mangiare e bere bene in ogni momento della giornata.

Siamo un originale coffee bar, un ristorante di qualità, un locale piacevole per pause dessert e un accogliente open pace per un aperitivo o una degustazione di vini” ci spiega Francesca, una dei titolari.

In questo contesto si terrà la conferenza stampa/degustazione di Borghi d’Europa, che prevede, fra gli altri temi, anche un simpatico confronto fra Porchetta di Ariccia e Porchetta Trevigiana, che saranno utilizzate nella farcitura della Pinsa romana.

Emanuele Spader, il ‘Virgilio’ de “La via dei Norcini”, titolare dell’omonimo Salumificio di Mosnigo, proporrà e racconterà la propria Porchetta Trevigiana.

LA PORCHETTA TREVIGIANA

Come specialità locale, la porchetta nasce solo nel 1919, tenuta a battesimo da Ermete Beltrame nella sua birreria sotto il Palazzo dei Trecento a Treviso. La porchetta trevigiana, da considerarsi quindi una preparazione moderna, è molto diversa dalla ricetta del centro Italia. Si presenta, come una specie di prosciutto ottenuto da un maiale che abbia meno di un anno; può essere con ossa o disossata, ma sempre a forma cilindrica.

Presenta internamente una colorazione bianchiccia, con delle parti in cui è evidente la speziatura, mentre esternamente si presenta dorata.

È molto fragrante, saporita e gustosa e può essere arricchita di altri sapori

A soddisfazione dei buongustai ricordiamo che la porchetta non è un alimento grasso, poiché nella fase di cottura i grassi vengono sciolti dal calore e raccolti in leccarde o in speciali vaschette. Una volta pronta, la porchetta va servita fredda e, nonostante sia (come deve essere) priva di additivi e conservanti, rimane saporita e fragrante almeno per due settimane se mantenuta in luogo refrigerato.

LA PORCHETTA DI ARICCIA IGP

La Porchetta ad Ariccia vanta una tradizione millenaria, presumibilmente risale all’ epoca preromana e alla popolazione dei Latini. Infatti, non solo si attribuisce ad Ariccia l’usanza di offrire le carni suine in sacrificio agli dei, ma si ritiene anche che, grazie alla presenza della nobiltà romana – che era solita trasferirsi ad Ariccia per la stagione estiva o per organizzare battute di caccia – si sia potuta sviluppare quella maestria artigiana nel preparare la porchetta che continua a tramandarsi nelle famiglie ariccine di padre in figlio.

La Porchetta di Ariccia IGP, di forma cilindrica, è caratterizzata da una crosta croccante di colore marrone. La carne è di colore bianco-rosa, inframmezzata dal marrone delle spezie. Al gusto si presenta molto saporita grazie alla presenza di rosmarino, aglio e pepe nero.

Le carcasse vengono disossate manualmente, asportando la carne in eccesso; successivamente si procede alla salatura con sale marino; seguono le fasi di riposo e di massaggio manuale per eliminare l’eventuale sale che non sia stato assorbito dalla carne.

Si procede quindi alla speziatura con aglio, rosmarino e pepe nero, in polvere o macinato grossolanamente. Prima della cottura la porchetta viene legata con uno spago in modo da mantenere la compattezza originaria. La cottura dura dalle tre alle sei ore, ad una temperatura compresa fra 160 e 280°C. Dopo essere stata sfornata viene posta nei locali di raffreddamento.

LA PINSA ROMANA Un alimento moderno, dalle radici antiche

Si tratta di una preparazione diventata famosa da poco tempo, ma che vanta origini antichissime. Risale niente meno che alle “mense” degli antichi romani, di cui parla Virgilio, dicendo che Enea, appena arrivato nel Lazio, fu costretto dalla fame a cibarsi delle mense.

Queste erano dischi di pasta di pane non (o pochissimo) lievitato, che servivano, come piatto ai soldati al campo o anche, nel periodo imperiale, come vassoi per mangiare, distesi sul triclinio, particolarmente i cibi sugosi. Questi “piatti” venivano poi dati da mangiare agli schiavi.

Col passare del tempo, queste mense vennero usate anche come “street food” per mangiare quando si era fuori casa e divennero sempre più lievitate e quindi adatte ad essere degustate, assieme ai cibi che vi si poneva sopra.

Ancor oggi si riscontrano precise eredità gastronomiche di questi usi, non solo nella Pizza Napoletana e nella Pisa Romana, ma anche nelle Piadine Romagnole e le Tigelle in uso nell’Appennino fra Modena e Bologna ed in tanti altri cibi tradizionali di quasi tutte le regioni d’Italia.

Le caratteristiche che distinguono la Pinsa Romana dalla Pizza Napoletana, sono innanzi tutto le dimensioni più ridotte e la forma ad elisse della prima, che predilige l’uso di nuove farine e cereali, come il kamut, ma anche orzo, farro e miglio soia e riso, e l’aggiunta di erbe aromatiche selvatiche.

La Pinsa prevede un apporto maggiore di acqua, e una percentuale più bassa di lievito, risultando così più digeribile e meno calorica, grazie anche alle lunghe lievitazioni (minimo 24 ore), all’alta idratazione dell’impasto (80% di acqua), al mix di farine, alla presenza di lievito madre, all’assenza di grasso animale ed all’impiego di una quantità limitata di olio. La morbidezza dell’interno della pinsa è frutto soprattutto della farina di riso, a cui spetta il compito di “fissare” l’acqua versata nell’impasto durante la cottura.

Un cibo dunque dalle caratteristiche assai interessanti, che merita di essere degustato, assieme agli alimenti che la nostra fantasia ci suggerirà di porci sopra. Vinca il migliore!

Gianluigi Pagano

mercoledì 4 maggio 2022

Eurovinum - A Bertinoro l'azienda biologica di Raffaella Alessandra Bissoni

  Nel 2019 la rete internazionale Borghi d'Europa presentava a Milano nella sede del Parlamento Europeo, il progetto di 10 Percorsi Internazionali.

Fra questi Eurovinum,il Paesaggio della Vite e del vino, itinerario finalizzato alla scoperta dei contenuti storici e culturali che si ‘nascondono’ dietro la produzione del vino.

Nel dicembre dello stesso anno il Consorzio Vini di Romagna organizzava a Milano un Banco di Degustazione presso The Westin Palace Hotel (Vini ad arte on the road Albana e Sangiovese Un racconto di Romagna).

I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa erano intervenuti per degustare e conoscere le aziende, al fine di approfondire il capitolo del Sangiovese.

Oggi quel viaggio del gusto viene ripreso, con le note di informazione tracciate dai giornalisti, note di informazione che costituiscono la base per l'inserimento delle aziende nel Percorso Internazionale Eurovinum.




Il sogno di Raffaella Bissoni era valorizzare Sangiovese e Albana, i vitigni tipici della Romagna, per creare vini di qualità attraverso un paziente lavoro in vigna, rispettando la natura e i suoi cicli, mettendo in ogni bottiglia la passione e l’amore per le cose fatte bene.

Così, nel 1988, sul colle di Casticciano, un balcone affacciato sul mare e sul borgo medievale di Bertinoro, ha dato vita alla Cantina che porta il suo nome.

E ancora oggi lavora seguendo gli stessi valori per realizzare lo stesso sogno.


L’agricoltura biologica “naturale conservativa di Raffaella Bissoni


Si usano tanti termini oggi per definire un’azienda “green”, alla fine ho convenuto che il termine “naturale conservativo” potesse esprimere bene quello che facevo. Non lavoro i terreni, lascio che le erbe selvatiche autoctone crescano liberamente e provvedo a effettuare tagli (trinciature) solo in certi periodi dell’anno.”


Così Raffaella racconta l’origine del termine “naturale conservativa” associato alla sua personale idea di agricoltura; un’agricoltura ben lontana dalle metodologie intensive mirate alla massima produttività, concentrandosi invece su un rispetto totale della natura, della terra e di tutto ciò che rende un particolare territorio “unico”.


Il risultato di questo modello di agricoltura? Un terreno dall’alta prolificità, ricco di specie autoctone, di erbe officinali e fiori selvatici nati e cresciuti naturalmente che permettono il mantenimento della naturale vita del territorio, dalla flora alle tante tipologie di insetti, tra cui anche le api, così “sacre” per il nostro ecosistema e, allo stesso tempo, così a rischio anche a causa di pesticidi.


E proprio tutto questo contribuisce a creare questo terroir unico e inimitabile, di cui ogni vino da noi prodotto diviene perfetta incarnazione.


Ovviamente il concetto di agricoltura biologica naturale conservativa influisce anche sul terreno e sulle sue caratteristiche. Infatti, questo prato, non essendo mai lavorato ma solo tagliato, permette la formazione del micorrize nelle radici, un micorrize autoctono naturalmente, che agevola lo scambio di sostanze nutritive fra le piante. Come ormai è risaputo, si tratta di un un prezioso alleato naturale in agricoltura, perché amplifica l’apparato radicale delle piante, assicurando un maggiore assorbimento di acqua e nutrienti e contemporaneamente protegge le radici dagli attacchi dei patogeni, formando un manicotto protettivo.


Per trovare il perfetto equilibrio in questo tipo di prati, occorrono molti anni di “non lavorazioni”, così da consentire, con un lento processo naturale, ai semi delle piante selvatiche che si trovano nelle aree adiacenti alle vigne di espandersi e posizionarsi dove il terreno richiede il loro aiuto. Un esempio è dato dalla nascita di piante fissatrici di azoto laddove il terreno necessita di questa sostanza.


Per questi motivi, nella nostra valle i terreni non vengono più lavorati e anche nel caso di nuovi vigneti procediamo sempre all’impianto su inerbimenti preesistenti.


Questo comporta sicuramente una difficoltà in più per la piccola vite, ma le viti che riescono a superare questa fase diventano poi più resilienti in un periodo di cambiamento climatico evidente come quello che stiamo attraversando.


Il risultato “pratico” e tangibile di questo sforzo lo possiamo riscontrare nell’elevata qualità dell’uva e soprattutto nei sentori tipici e caratteristici dei vini della nostra cantina, riconoscibili e unici, vera espressione del terroir dell’azienda Bissoni.


Tuttavia, in azienda non ci siamo fermati qui: abbiamo anche aggiornato le nostre tecniche di potatura passando alla “scuola” di Simonit e Sirch, molto più rispettosa della vite e in grado di migliorare la prevenzione alle malattie della vite.


Una cosa non cambierà mai: il vino è fatto con l’uva e la qualità dei vini dipende dalla qualità dell’uva. Da qui, l’impegno costante di Raffaella e la famiglia Bissoni per mantenere elevata la qualità delle proprie uve e permettere così di ritrovare nei propri vini la migliore espressione di questo terroir e della filosofia di agricoltura adottata, attraverso profumi e sapori di ogni bottiglia.”


Il Sangiovese viene proposto in alcune versioni : Romagna Doc Sangiovese Bertinoro 'Girapoggio',

Romagna Doc Sangiovese Superiore 'Riserva Bissoni', Romagna Doc Sangiovese Bertinoro Riserva 'Vigna Colecchio'.

Tutti questi vini verranno degustati nelle tappe che il Percorso Internazionale Eurovinum realizzerà.nel corso del 2022 e del 2023.

Un gruppo di giornalisti italiani e non, racconterà con linguaggio multimediale l'esperienza dell'incontro con i vini di Raffella A.Bissoni..

martedì 22 marzo 2022

La Via della Pizza : la Pizzeria Tre Stelle a Ogliano, nelle colline di Conegliano

 


 

Quando percorro la strada che unisce la località di Ogliano al centro di Conegliano, ogni volta non manco di farmi coinvolgere emozionalmente dalla bellezza del paesaggio collinare.

Si dirà, ci vuole poco.

E,invece, non è vero.

Il paesaggio è fatto di natura, cultura e persone.

Il motivo delle nostre visite a Ogliano ha un nome preciso : il ristorante pizzeria Tre Stelle.


La famiglia ha origine dalla Costiera Amalfitana, luogo, anch'esso, di bellezze e gusto senza pari.

Lo spostamento del locale dal centro di Conegliano alle colline, lo ha in un certo senso impreziosito, andando a valorizzare le risorse umane e professionali della famiglia.


"Il nostro locale – ci racconta Sara -, offre un ricco menù di oltre quaranta pizze rigorosamente stese a mano e cotte al forno a legna, come da antica tradizione. "


Così in un giorno qualsiasi, abbiamo avuto il piacere di degustare una pizza napoletana d'altri tempi,

semplicemente indescrivibile.


"La pizza napoletana- osserva Sara-, dalla pasta morbida e sottile, è la versione della pizza tonda preparata nella città di Napoli. Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita (STG) dell'Unione europea e nel 2017 l'arte del pizzaiuolo napoletano, di cui la pizza napoletana è prodotto tangibile, è stata dichiarata dall'UNESCO come patrimonio immateriale dell'umanità."


La nostra cucina offre inoltre insalatone, piatti veloci, carni e diversi tipi di vino della zona rinomata Prosecco DOCG Conegliano/Valdobbiadene. "


Mi confesso : alla Pizzeria Tre Stelle vengo anche per degustare gli spaghetti aglio olio e peperoncino.

"La pasta aglio, olio e peperoncino è un primo piatto tipico della città di Napoli, una ricetta facilissima, veloce e gustosa, ma che va fatta sempre a regola d’arte, poichè l’insidia delle dosi sbagliate degli ingredienti è sempre dietro l’angolo. Per realizzare gli spaghetti aglio, olio e peperoncino occorrono pochi ingredienti ma devono essere tutti di ottima qualità, a cominciare dall’olio che è il protagonista della ricetta. Le dosi di peperoncino e aglio sono importantissime, e vanno calibrate correttamente anche in base ai nostri gusti. La pasta deve essere saporita perché altrimenti sarebbe solo bollita, ma non deve neanche diventare immangiabile.

La pasta con aglio, olio e peperoncino è un piatto popolare e molto povero, ma anche saporito, e veniva preparata spesso per sfamare le famiglie nei periodi più complicati, e in cui entrava poco denaro.Un piatto buono e dal sapore inconfondibile, impreziosito anche con un tocco di colore dato da peperoncino e prezzemolo."




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domenica 13 marzo 2022

Eurovinum - L'Azienda agricola Moro Sergio continua il percorso informativo di valore con Borghi d'Europa

 





 




Il Percorso Internazionale Eurovinum ha incontrato l'azienda agricola Sergio Moro nel corso del 2021, realizzando anche uno stage di informazione in sede.

Poi la partecipazione a Piacenza al Salone dei Vini della FIVI, ottima occasione per incontrare i giornalisti di Borghi d'Europa che da anni seguono con interesse la manifestazione dei vignaioli

indipendenti.


Così quando da marzo 2022 è ricominciato il percorso informativo di Eurovinum, i giornalisti e i comunicatori della rete internazionale hanno deciso di ripartire dall'azienda di Farra di Soligo.

“ Non abbiamo mai fatto la raccolta di biglietti da visita – ha osservato Renzo Lupatin,Presidente di Borghi d'Europa -; ci piace seguire le aziende con costanza e senso della continuità .Il racconto non è legato certamente a banali motivazioni economiche “.


Erik, nume tutelare con il papà dell'azienda, osserva : “ Nella zona di produzione del Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, si trovano i 3.5 ettari circa di vigneto di proprietà della nostra azienda.. Qui viene coltivato esclusivamente Glera, il vitigno che darà poi origine al vino Prosecco. Queste uve, lavorate in purezza durante la vinificazione, esaltano le peculiarità che i terreni argillosi dell’azienda sono in grado di donare,quali sali minerali ed aromi, che accompagnano la maturazione del vino, conferendogli carattere ed autenticità. "Valdobbiadene Prosecco Superiore" da sempre sono le parole chiave della produzione e della filosofia aziendale, stanno ad indicare una conoscenza della vite e del vigneto che poi nei vini si esprimerà in tipicità, grazie al clima e al territorio dove l'azienda nasce.”


Annota la giornalista Antonella Pianca : “Il frizzante colfondo Batistàra, soprannome con il quale era conosciuta la Famiglia Moro, fa parte del progetto ”Colfondo Agricolo”. Un progetto nato dalla volontà di quattordici vignaioli per salvaguardare e valorizzare i rifermentati in bottiglia, conosciuti anche come vini col fondo, sur lie o sui lieviti. Il prosecco colfondo è il frizzante della tradizione rurale delle colline di Valdobbiadene, Conegliano ed Asolo. I lieviti contenuti nella bottiglia, con i primi tepori primaverili riprendono la fermentazione e, una volta terminata la loro azione, si depositano sul fondo della bottiglia; il vino risulta frizzante, secco e longevo.Una fascetta di colore diverso per ogni annata differenzia le bottiglie rigorosamente chiuse con tappo a corona. Ogni bottiglia, che deriva da uve selezionate dei Colli Trevigiani, è l’autentica interpretazione di ciascun produttore e trasmette la peculiarità del terroir e dell’annata da cui proviene. “Un vino lento, rispettoso del tempo e dei tempi”, che mantiene la tipica fragranza e freschezza di questa tipologia di vino. “Non una bevanda, ma la sublimazione di una vita, quella del vignaiolo”, come testimoniano i vignaioli come Erik, che aderiscono al progetto Colfondo Agricolo.”


L’Azienda Agricola Moro Sergio appartiene alla FIVI - Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. L’organizzazione rappresenta e promuove i vignaioli che seguono direttamente tutta la filiera produttiva, dalla coltivazione della vigna, alla trasformazione dell’uva in vino, fino all’imbottigliamento ed alla vendita. Un’agricoltura che parte dalla terra, l’espressione di un fare artigianale e non standardizzato di coltivare la vite e vinificare le uve.


martedì 22 febbraio 2022

Eurovinum : Costadilà Articoltura

  Il “colfondo” delle Colline Trevigiane, la vera anima del Prosecco



L’Azienda Agricola Costadilà, che ora ha sede a San Lorenzo, sulle colline di Vittorio Veneto (TV), è stata una delle prime realtà vinicole a riproporre e valorizzare la tipologia del vino colfondo, il cosiddetto sur lie o sui lieviti, il frizzante da uve autoctone a bacca bianca delle Colline Trevigiane.

Un metodo di vinificazione che affonda le radici nella storia e nella tradizione rurale delle colline di Valdobbiadene, Conegliano e Asolo, una produzione artigianale che risale alla fine dell’Ottocento, destinata prevalentemente al consumo famigliare e locale.

Il colfondo è un vino rifermentato in bottiglia sui propri lieviti naturali i quali, una volta terminata la loro azione, si depositano sul fondo della bottiglia, il vino risulta frizzante, secco, digeribile, con una speciale ricchezza olfattiva e gustativa, dimostrando di saper evolvere positivamente nel tempo e “pericolosamente bevibile”. Caratteristiche che lo rendono particolarmente versatile nell’abbinamento con il cibo.

Sin dall’inizio dell’attività, sorta nell’anno 2005, la filosofia produttiva di Costadilà ha privilegiato una viticoltura sostenibile, profondamente rispettosa dell’ambiente e della biodiversità dei territori vinicoli. Un lavoro artigianale che segue l’intero ciclo produttivo - dalla vigna alla bottiglia - perché il vino, prodotto della terra, sia il testimone del luogo da cui proviene.

La lavorazione delle vigne viene praticata in maniera naturale, senza diserbo e senza ricorso a prodotti chimici di sintesi per la concimazione del terreno e per la difesa dai parassiti, con lo scopo di ottenere una produzione sana e qualitativa, un frutto maturo, ricco di sostanze e di sapori. In cantina il vino fermenta con i propri lieviti indigeni, senza ricorrere a interventi fisici o chimici che possano intaccare la naturalità della vinificazione e snaturare il prodotto finale, utilizzando il minor quantitativo possibile o nullo di solfiti.

Un tratto distintivo dei vini di Costadilà è la macerazione sulle bucce delle uve a bacca bianca, così come avviene per la vinificazione tradizionale delle uve a bacca rossa, lavorazione ritenuta basilare per ottenere vini più persistenti, saporiti e ricchi di aromi, in grado di valorizzare il terroir, legando più marcatamente un vino al proprio territorio.

I nomi dei vini da uve a bacca bianca di glera, bianchetta trevigiana e verdiso, classificati come “Vini Bianchi Frizzanti”, indicano le altitudini dai quali provengono le uve: 280slm330slm e 450slm; ogni zona esprime una diversa peculiarità di suolo, esposizione e microclima.

Completano la produzione aziendale, il Moz, da uve moscato fior d’arancio e glera provenienti dal vigneto del “brolo” di Villa dei Vescovi di Torreglia (PD), l’OX da uve glera e pinot nero e il Rosso da Tavola da uve merlot e cabernet, un rosso schietto ed esuberante, che viene proposto anche nel bottiglione di vetro da 2 litri.

Tutte le bottiglie sono in vetro trasparente per trasmettere il messaggio di un circuito virtuoso tra la qualità delle uve e la qualità della produzione, così che il consumatore possa vederne la trasparenza.

Costadilà è un punto di riferimento per gli estimatori dei vini naturali, noti ed apprezzati in Italia e all’Estero, che testimoniano il talento, la passione e la visione del fondatore Ernesto Cattel, il vignaiolo contadino, o - come amava definirsi - articoltore e la sua profonda relazione empatica con la storia, le tradizioni e la cultura dei luoghi.

In genere questi vignaioli non si spacciano per “creatori”, sono piuttosto “inventori”, il che significa che non fanno uscire niente dal niente ma che trovano strade perché la loro visione del mondo e dell’uomo diventi la sostanza stessa dei loro vini.

Olivier Beuvelet, Jonathan Nossiter, (Insurrezione culturale – Per una nuova ecologia della cultura)

Dalla vendemmia dell’anno 2018, dopo la scomparsa di Ernesto, il progetto di Costadilà continua sotto la guida di Alex Della Vecchia e Martina Celi, e con le persone che ne condividono i valori.



Antonella Pianca

martedì 1 febbraio 2022

Eurovinum : Azienda Agricola Moro Sergio – Farra di Soligo (TV) Il “colfondo” delle Colline Trevigiane

 







In via Crede a Farra di Soligo (TV), tra le colline di Conegliano e Valdobbiadene, in un incantevole e scenico paesaggio, inserito dal 2019 tra i Patrimoni Mondiali dell’UNESCO, Sergio Moro e il figlio Erik gestiscono l’azienda di famiglia di circa 3,5 ettari. Nelle vigne, le piante di Glera - un vitigno a bacca bianca storicamente presente nel territorio Trevigiano - poggiano su terreni calcareo argillosi con marne e arenarie, particolarmente adatti per la coltivazione della vite.

La storia dell’Azienda Agricola Moro, come mi racconta Erik, è strettamente legata a quella del luogo. Nel 1972 la famiglia acquista i terreni, già lavorati in mezzadria dal nonno Domenico, e nasce l’Azienda Agricola Moro Fratelli. Nel 1992, in seguito alla divisione della proprietà, nasce l’attuale realtà produttiva. Un progetto agricolo che, grazie anche all’esperienza acquisita negli anni, ha aumentato il livello qualitativo dei vini, privilegiando l’imbottigliamento alla vendita del prodotto sfuso. Un ulteriore miglioramento al livello qualitativo dell’intera produzione è avvenuto, nell’anno 2010 con la costruzione della nuova cantina.

Erik è un giovane vignaiolo preparato e motivato, attento alla sperimentazione e all’innovazione; un percorso di ricerca, il suo, con lo scopo di valorizzare le potenzialità espressive delle uve. Essere nato in una famiglia contadina dove il lavoro ruota attorno alla terra, il legame con l’ambiente e l’amore per il mondo del vino lo hanno portato a scegliere il percorso di studi di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia per continuare la tradizione di famiglia prendendosi cura, con il padre Sergio, dell’intero processo produttivo, dalle lavorazioni in vigna sino alle fasi della vinificazione.


In vigna la coltivazione segue le regole dell’agricoltura convenzionale con particolare attenzione per l’ambiente. Tra i filari di varietà Glera sono presenti alcuni vecchi ceppi risalenti agli anni ’70 e ‘ 80, che producono meno grappoli ma donano un’uva più concentrata. Il sistema di allevamento è a cappuccina modificato; la potatura manuale e la piegatura dei tralci vengono effettuate in funzione delle fasi lunari.

In cantina le uve, lavorate in purezza, sono trattate nel rispetto della materia prima per garantire al consumatore dei vini che sono il frutto di un lavoro che custodisce la peculiarità di un’area produttiva di pregio dove il vitigno prosecco, o glera come ora viene chiamato, trova la sua massima espressione. Una prassi artigianale ed una filosofia produttiva che integra le conoscenze e i saperi con il rispetto per la natura e la valorizzazione del vitigno. La produzione annua aziendale è di circa 20.000 bottiglie.

La gamma dei vini rappresenta la produzione dell’area Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG. Le diverse tipologie di Glera nelle versioni: Prosecco Spumante Extra Dry DOCG, Spumante Brut “Prà Alt”, Prosecco Tranquillo “Beato”, Prosecco Frizzante “Bel Veder”, Prosecco Frizzante DOC sono completate dai vini colfondo, da uve glera raccolte a mano, il Cum Vitae - affinato a contatto con legno vergine - e il Batistàra – Colli Trevigiani IGT Colfondo.

Il frizzante colfondo Batistàra, soprannome con il quale era conosciuta la Famiglia Moro, fa parte del progetto ”Colfondo Agricolo”. Un progetto nato dalla volontà di quattordici vignaioli per salvaguardare e valorizzare i rifermentati in bottiglia, conosciuti anche come vini col fondo, sur lie o sui lieviti. Il prosecco colfondo è il frizzante della tradizione rurale delle colline di Valdobbiadene, Conegliano ed Asolo. I lieviti contenuti nella bottiglia, con i primi tepori primaverili riprendono la fermentazione e, una volta terminata la loro azione, si depositano sul fondo della bottiglia; il vino risulta frizzante, secco e longevo.

Una fascetta di colore diverso per ogni annata differenzia le bottiglie rigorosamente chiuse con tappo a corona. Ogni bottiglia, che deriva da uve selezionate dei Colli Trevigiani, è l’autentica interpretazione di ciascun produttore e trasmette la peculiarità del terroir e dell’annata da cui proviene. “Un vino lento, rispettoso del tempo e dei tempi”, che mantiene la tipica fragranza e freschezza di questa tipologia di vino. “Non una bevanda, ma la sublimazione di una vita, quella del vignaiolo”, come testimoniano i vignaioli come Erik, che aderiscono al progetto Colfondo Agricolo.

L’Azienda Agricola Moro Sergio appartiene alla FIVI - Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. L’organizzazione rappresenta e promuove i vignaioli che seguono direttamente tutta la filiera produttiva, dalla coltivazione della vigna, alla trasformazione dell’uva in vino, fino all’imbottigliamento ed alla vendita. Un’agricoltura che parte dalla terra, l’espressione di un fare artigianale e non standardizzato di coltivare la vite e vinificare le uve.

Una visita alla Cantina Moro Sergio, come sottolinea Erik, permette agli addetti ai lavori, agli appassionati e ai consumatori di degustare e scoprire i vini della cantina per comprendere l’intero percorso di produzione. Le visite in azienda consentono agli appassionati di ascoltare dalle parole del produttore il racconto del vino nato dal territorio e di scoprire la relazione tra luogo di origine, vitigno e mano dell’uomo. Conoscere l’intera filiera produttiva è garanzia di trasparenza e di qualità per i degustatori che apprezzano una viticoltura sempre più sensibile al mantenimento ed alla conservazione dell’ambiente.






Antonella Pianca





In degustazione:



Batistàra 2019 - Colli Trevigiani IGT – Frizzante Colfondo - alc. 10,5% vol.

Giallo paglierino con una piacevole e persistente effervescenza. All’olfatto, una sottile nota fragrante di lievito si accompagna a freschi profumi floreali e fruttati di pesca bianca, mela, pera, agrumi, con cenni minerali. Il sorso è fresco, tonico dal finale sapido.



Cum Vitae - Col Fondo Vino Frizzante - alc. 11% vol.

Giallo paglierino; il corredo olfattivo si apre con profumi di lievito e crosta di pane, aromi di frutta bianca matura ed erbe officinali. Palato dal gusto pieno sostenuto da freschezza e sapidità minerale. Il vino verrà chiamato Crede per menzionare i terreni argillosi dell’azienda che poggiano sulla roccia madre.



Vini freschi con una fine bollicina ed un variegato corredo aromatico, una tipologia artigianale sempre più apprezzata. Una beva gustosa ed appagante che ben si accompagna a pane e soppressa, “l’insaccato più prestigioso della Marca Trevigiana”, oppure da gustare in abbinamento ai tagliolini ai fiori di zucca.